Idealismo etico di Fichte
Johann Gottlieb Fichte nasce il 19 maggio 1762 a Rammenau in Germania.

Il pensiero di Fichte giudica inammissibile la cosa in sé kantiana, in quanto nozione di una realtà estranea all’io. Egli afferma decisamente l’Io come attività creatrice nel mondo e priva di limiti. Con ciò si compie il passaggio dal criticismo kantiano all’idealismo.
L'Io come processo di autorealizzazione
L'Io di Fichte non è immobile né statico; in quanto anelito verso la libertà, è spirito infinita tensione verso un ideale meta di perfezione.
Volendo sintetizzare in un motto il pensiero di Fichte, esso può essere ricondotto all'espressione "l'Io deve essere" nel senso che è costantemente impegnato in un faticoso processo di autorealizzazione, carattere espresso con il concetto tipicamente romantico di Sterben, che significa "sforzo" o "tensione".
L'Io fichtiano non si identifica con l'io personale di ciascun individuo (io empirico), ma è l'Io puro o universale, inesauribile attività creatrice.
Il fondamento di ogni realtà è pertanto l'Io puro o spirito, un processo creativo e infinito che si articola in tre momenti essenziali: tesi, antitesi e sintesi.
Il primo momento: l'Io pone se stesso
Nel primo momento, l'Io pone se stesso si rivela come attività autocreatrice . Tale principio non può essere oggetto di dimostrazione né di deduzione, ma solo di un'intuizione intellettuale originaria che coglie l'identità dell'Io con se stesso (Io=Io). Si tratta di un principio ontologico in quanto è l'Io stesso a creare la propria essenza costitutiva.
Il secondo momento: l'Io pone il non-Io
Nel momento in cui si afferma, l'Io si determina e , determinandosi, si distingue e si contrappone al diverso da sé: <<l'Io pone il non-Io>>. Siamo così al secondo momento dell'antitesi, in cui l'Io puro deve necessariamente opporsi a un non-Io, in quanto ha bisogno di qualcosa di altro a sé per realizzarsi.
Il terzo momento: l'Io si oppone all'Io divisibile un non-Io divisibile
Il fatto che l'Io, avendo posto il non-Io, si trovi a essere limitato da questo, dà origine al terzo momento della vita dello spirito, quello della sintesi, che si riferisce alla concreta situazione del nostro essere nel mondo, in cui fronteggiamo una molteplicità di cose (non-Io) e una pluralità di persone, che Fichte definisce <<Io infiniti>>.
Tale principio si afferma: <<l'Io oppone, nell'Io, all'io divisibile un non-Io divisibile>>. Ciò significa che l'Io si particolarizza nei singoli io empirici e finiti che costituiscono il mondo e la sua molteplicità e quindi si trova a esistere "concretamente".

Tutto questo pone il non-Io e lo determina come io empirico grazie all'immaginazione produttiva, con essa si dà origine alla realtà delle cose nella loro concretezza.
La realtà è un processo perenne in cui l'Io pone il diverso da sé per esercitare, nel superamento degli ostacoli, la propria attitudine etica, al fine di perseguire il perfezionamento di se stesso e l'affermazione della libertà.
Tale perfezionamento non può avere termine perché la vita dello spirito è inesauribile e rappresenta una meta ideale per l'uomo.

Il pensiero di Fichte giudica inammissibile la cosa in sé kantiana, in quanto nozione di una realtà estranea all’io. Egli afferma decisamente l’Io come attività creatrice nel mondo e priva di limiti. Con ciò si compie il passaggio dal criticismo kantiano all’idealismo.
L’Io come principio assoluto e infinito
Il rifiuto della cosa in sé e l'affermazione dell'Io
Fichte conduce alle astiene conseguenze la critica dei circoli antikantiani e si concentra su due punti fondamentali: 1) la preesistenza di una “cosa a sé” indipendente dal soggetto e fuori dalle sue possibilità conoscitive; 2) l’insoluto problema dell’origine del materiale sensibile della conoscenza;
Secondo Fichte, se il mondo dell’esperienza possibile è quello della rappresentazione, non si può ammettere nulla al di fuori del soggetto stesso. Quest’ultimo, poiché nella prospettiva fichtiana non è più limitato da una presunta realtà noumenica, è pertanto assoluto e infinito. Il <<Grande Io>> costituisce il punto di partenza del sistema fichtiano, che deve dimostrare con una rigorosa deduzione tutti gli oggetti: la natura, le cose e il nostro stesso corpo.
Dall'Io principio originario e incondizionato si può derivare tutta la realtà sia dal punto di vista conoscitivo sia dal punto di vista materiale.
L'Io può essere considerato libero nella misura in cui non è secondario né dipendente da un mondo di cose esterne, ma viene visto come originario, ossia come il principio da cui il mondo trae non solo il suo "significato", ma anche la sua stessa "realtà"
L'Io e i tre momenti della vita dello spirito
L'Io come processo di autorealizzazioneL'Io di Fichte non è immobile né statico; in quanto anelito verso la libertà, è spirito infinita tensione verso un ideale meta di perfezione.
Volendo sintetizzare in un motto il pensiero di Fichte, esso può essere ricondotto all'espressione "l'Io deve essere" nel senso che è costantemente impegnato in un faticoso processo di autorealizzazione, carattere espresso con il concetto tipicamente romantico di Sterben, che significa "sforzo" o "tensione".
L'Io fichtiano non si identifica con l'io personale di ciascun individuo (io empirico), ma è l'Io puro o universale, inesauribile attività creatrice.
Il fondamento di ogni realtà è pertanto l'Io puro o spirito, un processo creativo e infinito che si articola in tre momenti essenziali: tesi, antitesi e sintesi.
Il primo momento: l'Io pone se stesso
Nel primo momento, l'Io pone se stesso si rivela come attività autocreatrice . Tale principio non può essere oggetto di dimostrazione né di deduzione, ma solo di un'intuizione intellettuale originaria che coglie l'identità dell'Io con se stesso (Io=Io). Si tratta di un principio ontologico in quanto è l'Io stesso a creare la propria essenza costitutiva.
Il secondo momento: l'Io pone il non-Io
Nel momento in cui si afferma, l'Io si determina e , determinandosi, si distingue e si contrappone al diverso da sé: <<l'Io pone il non-Io>>. Siamo così al secondo momento dell'antitesi, in cui l'Io puro deve necessariamente opporsi a un non-Io, in quanto ha bisogno di qualcosa di altro a sé per realizzarsi.
Il terzo momento: l'Io si oppone all'Io divisibile un non-Io divisibile
Il fatto che l'Io, avendo posto il non-Io, si trovi a essere limitato da questo, dà origine al terzo momento della vita dello spirito, quello della sintesi, che si riferisce alla concreta situazione del nostro essere nel mondo, in cui fronteggiamo una molteplicità di cose (non-Io) e una pluralità di persone, che Fichte definisce <<Io infiniti>>.
Tale principio si afferma: <<l'Io oppone, nell'Io, all'io divisibile un non-Io divisibile>>. Ciò significa che l'Io si particolarizza nei singoli io empirici e finiti che costituiscono il mondo e la sua molteplicità e quindi si trova a esistere "concretamente".

La natura e la materia
Secondo il filosofo la natura e il mondo (il non-Io) non siano realtà autonome e indipendenti dal soggetto, ma debbano invece essere compresi quali momenti indispensabili della stessa vita dello spirito. Essi esistono per l'Io e nell'Io. In questa prospettiva l'Io rimane soggetto unico e infinito do cui i singoli io empirici sono manifestazioni particolari.Tutto questo pone il non-Io e lo determina come io empirico grazie all'immaginazione produttiva, con essa si dà origine alla realtà delle cose nella loro concretezza.
La realtà è un processo perenne in cui l'Io pone il diverso da sé per esercitare, nel superamento degli ostacoli, la propria attitudine etica, al fine di perseguire il perfezionamento di se stesso e l'affermazione della libertà.
Tale perfezionamento non può avere termine perché la vita dello spirito è inesauribile e rappresenta una meta ideale per l'uomo.
In questa prospettiva, decisiva risulta la missione del dotto, che, educato dalla storia come conoscenza degli eventi passati della vita dello spirito e dalla filosofia idealista come riconoscimento dell'originarietà incondizionata dell'Io puro, deve porsi come guida ed esempio di tutti gli uomini

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