Soren Kierkegaar
Soren Aabye Kierkegaard nasce il 5 maggio 1813 a Copenaghen da parte di una famiglia benestante. Il filosofo viaggia pochissimo, e rimane quasi tutta la vita in Danimarca.
Kierkegaard è un autore che ha sottoposto a un'approfondita indagine la condizione umana, mettendone in evidenzia il carattere problematico. Per lui l'esistenza è sostanzialmente possibilità, e come tale comporta una difficile scelta tra le alternative inconciliabili.
Le tre possibilità esistenziali dell'uomo
Kierkegaard individua tre stadi o fasi che rappresentano le possibilità esistenziali dell'uomo nel mondo:
- lo stadio estetico
- lo stadio etico
- lo stadio religioso
Essi costituiscono delle alternative inconciliabili, i termini di un'opposizione assoluta e radicale , come indica il titolo di una delle opere principali dell'autore Aut-Aut, che in latino significa "o-o" designa la scelta obbligata e inderogabile tra due opzioni. Questo scritto fondamentale è composto di due parti, dedicate rispettivamente alla vita estetica e a quella etica.
La vita estetica
La vita estetica è proprio dell'uomo che vive nell'istante e nella ricerca continua del piacere rifuggendo da tutto ciò che gli appare noioso, ripetitivo o monotono.
Per descrivere questo stile di vita Kierkegaard descrive delle figure concrete di uomini che vivono assaporando fino in fondo delle bellezze e delle attrattive dell'esistenza, facendo di quest'ultima un'opera d'arte.
Come ad esempio attraverso la figura di Johannes, il protagonista del Diario di un seduttore e quella di Don Giovanni, il personaggio del melodramma mozartino di cui Kierkegaard offre un appassionato commento.
➥Johannes è il seduttore intellettuale, che vuole godere spiritualmente dei momenti in cui la sua partner cede e si abbandona all'amore. A questo scopo egli applica a calcolo raffinato che concentra e distilla il piacere, sfruttando la donna-amante come strumento di un gioco abile e senza scrupoli.
Kiergegaard è convinto che la vita estetica sia insufficiente. Chi si dedica solo al piacere disperde la propria personalità nelle mille esperienze che gli si presentano e si trasforma continuamente, passando da una possibilità all'altra; egli arriva a svuotare il suo essere e a smarrire il significato della sua esistenza, cadendo inevitabilmente nella noia e nella disperazione.
Kierkegaard osserva la vita come affannosa e insaziabile ricerca di qualcosa che non si ha e non si potrà mai ottenere pienamente, non può che avere un esito negativo.
La vita etica
In seguito alla vita estetica all'insegna del piacere che conduce alla disperazione, Kierkegaard osserva l'arrivo dell'ora della verità, in cui ognuno deve gettare la maschera.
La disperazione è qualcosa di positivo perché se è riconosciuta come la condizione propria dell'essere umano avvolto nella superficialità, conduce l'uomo a decidere diversamente, sapendo che nella scelta è in gioco il proprio destino.
E' proprio la scelta che caratterizza lo stato etico, dominato dalla responsabilità.
La vita etica è rappresentata dalla condizione del marito. La famiglia esprime l'ideale del dovere morale nel senso più elevato. In essa manca l'aspetto dell'amore estremo e intenso, tuttavia nel matrimonio l'amore acquista spessore e profondità.
La donna nella vita etica diventa l'emblema della concretezza, dell'amabilità e della felicità stabile e durevole. Secondo Kierkegaard, la dona è perfetta nella sua natura finita e terrena, da pace all'irrequieto uomo.
Il lavoro crea la comunità, da quella semplice famigliare a quella più vasta dello Stato; esso rappresenta il "dovere" comune a tutti i membri della società civile.
Nell'agire etico il soggetto sottomette la propria individualità alle regole della famiglia e della società;
➥egli sceglie se stesso come compito, rende proprio un dovere generale e in questo modo unifica l'universale e il particolare, diviene un uomo singolo, superando la frammentarietà della personalità estetica.
La descrizione della vita etica è la rappresentazione del modello di vita borghese, incentrato sulla figure del matrimonio, della famiglia e del lavoro. Si tratta di una vita segnata dalla solidità dei rapporti, in cui il marito è fedele alla moglie e questa lo attende a casa e lo copre di quelle attenzioni di cui ha bisogno per vincere la noia e sopportare il peso della quotidianità.
Nonostante l'apparente serenità, lo stadio etico è minacciato dal conformismo, dovuto al fatto che l'adesione alle norme morali e ai doveri quotidiani si trasforma, il più delle volte in qualcosa di esteriore e superficiale.
L'insoddisfazione torna a farsi sentire anche in questo contesto apparentemente immobile e appagante.
La vita religiosa
Il passaggio allo stadio religioso è preannunciato dal senso di colpa e dall'inquietudine, sentimenti che derivano dall'inconsapevole disagio per la scelta di un'esistenza concentrata sul proprio io.
➥L'individuo però si rende conto del profondo squilibrio tra le cose effimere e la dimensione dell'eterno, avverte l'inadeguatezza morale di fronte a Dio. Il pentimento è la condizione che prelude il salto della fede che è l'assolutamente altro rispetto alla ragione e alla moralità.
Il simbolo della vita religiosa è Abramo.
Abramo è posto di fronte a un'alternativa radicale: obbedire e non obbedire al comando di Dio, un comando incomprensibile per la ragione umana. Abramo non ha via di scampo, deve scegliere o Dio o la morale degli uomini. ➨(Non c'è la possibilità di una terza via).
Egli allora compie il salto dalla fede, sceglie Dio; ma la sua scelta è irrazionale e assurda, va al di là di ogni senso comune.
La fede è un paradosso perché è contraria all'opinione degli uomini e del mondo. Questo è reso ancora più terribile dal fatto che implica un rapporto individuale tra l'uomo e Dio. ➥Quando si sceglie Dio, si è assolutamente soli.
L'assoluta irrazionalità dell'imperativo divino è appunto il segno che Dio ha scelto Abramo e gli ha fatto dono della sua fede, che è in se stessa "contraddizione". Abramo ha avuto fede, ha ubbidito, ma lo ha fatto perché Dio lo ha scelto.
L'uomo come ex-sistenza
Kierkegaard afferma che l'uomo è ex-sistenza.Infatti può trascendere la propria condizione e proiettarsi nel futuro. L'uomo rappresenta progettualità e possibilità pertanto prova angoscia, intesa come puro sentimento della possibilità; prova disperazione ( la malattia mortale); intesa come lacerazione tra finito e infinito.
Secondo il filosofo l'unico e finale rimedio per uscire dalla disperazione è la fede.
Bergson? Freud?
RispondiElimina